Mercati Emergenti - 2025 anno buono?
Iniziamo l'anno con qualche considerazione sui futuri equilibri economici per aiutarci a comprendere il mondo che viviamo, con più attenzione.
Hei, Ciao!
Io sono Carlo e questo è Business Solido, uno spazio in cui parlo del mio lavoro, di tutte le mie curiosità del mondo del business, della finanza, dei dati, della tecnologia, dell’innovazione.
Nella sostanza, cerco di capire in che modo un’azienda o un progetto, nel mondo di oggi, possa costruire valore solido nel tempo. Quali strategie, quali strumenti, quali comportamenti.
Se anche tu bazzichi tra questi argomenti, potresti trovare interessanti i miei contenuti. Ma per scoprirlo, prima devi dare una letta qui sotto.
Oggi parliamo di Mercati Emergenti (senza consigliare alcun tipo di strategia di investimento) per capire in che modo l’ago della bilancia dell’economia mondiale potrebbe spostarsi dal 2025.
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Il 2025, secondo alcuni analisti, potrebbe essere l’anno dei mercati emergenti. Leggevo con interesse, come ormai prassi di ogni inizio anno, l’articolo di Scott Galloway dal titolo “2025 Predictions” in cui elenca e argomenta alcune delle sue previsioni per il 2025 di tipo economico, finanziario, tecnologico.
”Come ogni inizio anno” proprio perchè Scott pubblica sul suo blog No Mercy / No Malice una serie di previsioni su trend, tecnologia e opportunità dell'anno, per poi verificarne l'accuratezza al termine dell'anno stesso. Per intenderci, qui di seguito le sue previsioni del 2024 e quelle che effettivamente si sono verificate.
Per il 2025, voglio raccogliere qualche informazione in più sulla previsione numero 6. Riporto qui l’estratto dell’articolo:
Investment Opportunity: Emerging Markets
The S&P 500 outperformed Vanguard’s All-World ex-U.S. index ETF +56% to +23%, respectively, from 2023 through 2024. Historically, when U.S. equities fall, emerging markets rise. These cycles typically last about a decade. I believe we’re (over)due for a course correction. The U.S. stock market now makes up 50% of the total market cap globally; when stocks get this expensive, returns go down, and capital looks for greater returns elsewhere. Since 1989, emerging markets have typically outperformed developed markets by 27% after a Fed rate cut. Demographics are destiny; the growth in working-age populations favors India, Indonesia, and other developing nations. The share of institutional capital invested in the markets is at a cyclical low. A reversion to the mean would represent inflows of $910 billion to emerging markets.
The X factor is Trump. He’s called for a 10% to 20% tariff on all imports and a 60% to 100% tariff on goods from China. I don’t believe he’ll follow through, though, as tariff is Latin for tax. At the first hint of inflation, alarm bells will sound and the adults in the administration, looking at the bond market, will respond crisply and force the administration to slow their roll. And Republicans in Congress will find their backbones when they realize that 90% of the presents under the Christmas tree come from China, and their dear leader is, post-2026, a lame duck.
Scott Galloway - No Mercy/No Malice
Traduco per maggior semplicità:
Opportunità di investimento: Mercati Emergent
L'S&P 500 ha sovraperformato l'ETF dell'indice All-World ex-U.S. di Vanguard rispettivamente del +56% e del +23% dal 2023 al 2024. Storicamente, quando le azioni statunitensi scendono, i mercati emergenti salgono. Questi cicli durano in genere circa un decennio. Ritengo che ci sia una correzione di rotta. Il mercato azionario statunitense rappresenta oggi il 50% della capitalizzazione totale del mercato globale; quando le azioni diventano così costose, i rendimenti scendono e il capitale cerca maggiori rendimenti altrove. Dal 1989, i mercati emergenti hanno tipicamente sovraperformato i mercati sviluppati del 27% dopo un taglio dei tassi della Fed. Il destino è la demografia: la crescita della popolazione in età lavorativa favorisce India, Indonesia e altri Paesi in via di sviluppo. La quota di capitale istituzionale investito nei mercati è ai minimi ciclici. Un ritorno alla media rappresenterebbe un afflusso di 910 miliardi di dollari verso i mercati emergenti.
Il fattore X è Trump. Ha chiesto dazi dal 10% al 20% su tutte le importazioni e dal 60% al 100% sulle merci provenienti dalla Cina. Non credo però che andrà fino in fondo, perché “dazi (tariff n.d.a.)” in latino significa “tassa”. Al primo accenno di inflazione, suoneranno i campanelli d'allarme e gli adulti dell'amministrazione, guardando al mercato obbligazionario, risponderanno con prontezza e costringeranno l'amministrazione a rallentare il proprio cammino. E i repubblicani al Congresso troveranno la spina dorsale quando si renderanno conto che il 90% dei regali sotto l'albero di Natale viene dalla Cina e che il loro caro leader, dopo il 2026, è un'anatra zoppa.
Scott Galloway - No Mercy/No Malice
Il mercato USA, oggi, dove sta?
Quello appena mostrato è il grafico dell’S&P500, un grafico stressato al rialzo che avrà forse bisogno di una correzione, come menzionato da Scott. Il mercato USA oggi sta proprio la in alto, con una capitalizzazione mai raggiunta prima, a dimostrazione di un’economia potente, cresciuta in modo solido e continuo negli ultimi anni, forse un po’ troppo.
Il paragrafo riflette una critica chiaramente ironica ma articolata al punto giusto verso la politica commerciale e tariffaria proposta da Donald Trump, con un'analisi delle possibili conseguenze economiche e politiche dell’applicazione di dazi sulle importazioni, in particolar modo nei confronti dei prodotti cinesi, in un contesto, come quello odierno, in cui il mercato USA sembra essere un filo sopravvalutato. Ripercorriamo i punti principali della sua considerazione:
Il fattore X è Trump: Trump viene descritto come l'elemento imprevedibile o determinante in questa situazione. La sua proposta di dazi sulle importazioni, specialmente quelle dalla Cina, è al centro del discorso.
Tariffe dal 10% al 20% sulle importazioni e dal 60% al 100% sulle merci dalla Cina: Scott evidenzia l'intenzione di Trump di imporre dazi significativi, che potrebbero avere impatti economici rilevanti, come un aumento dei prezzi al consumo e tensioni commerciali.
“Tariff” in latino significa “tassa”: Questa osservazione sottolinea che le tariffe non sono altro che tasse indirette. Aumentando i costi delle importazioni, questi dazi potrebbero tradursi in prezzi tendenzialmente più alti per i consumatori americani, causando un graduale fenomeno inflattivo.
Inflazione e campanelli d'allarme: Scott suggerisce, inoltre, che, se questi dazi causassero l’inflazione prevista, i mercati finanziari (soprattutto quello obbligazionario) reagirebbero negativamente. Un nuovo aumento dei tassi per frenare la nuova corsa inflattiva, che segue alcuni tentativi di politica espansiva messi in atto ultimamente, potrebbe far scricchiolare l’intero sistema. Questo potrebbe portare "gli adulti nell'amministrazione" (probabilmente si riferisce ai funzionari più pragmatici o esperti dell’attuale amministrazione) a intervenire per moderare la politica tariffaria e commerciale, liberando però lo spazio per uno sviluppo commerciale internazionale di mercati emergenti, principalmente Cina e India.
Il ruolo del Congresso: I repubblicani, descritti come timorosi di opporsi a Trump, potrebbero infine agire quando si rendessero conto dell'impatto pratico delle strategie commerciali, come la dipendenza degli americani da merci cinesi (con il simpatico esempio dei regali di Natale).
“Anatra zoppa” dopo il 2026: L'espressione "lame duck" (anatra zoppa) si riferisce a un presidente che, verso la fine del mandato, perde influenza politica perché il suo tempo in carica sta per concludersi. Qui si suggerisce che Trump perderebbe il controllo politico man mano che il suo mandato si avvicina alla fine, riducendo la sua capacità di portare avanti le politiche drastiche promosse.
Il caso Cina
La Cina è il target più che ovvio della politica commerciale americana. Rappresenta il competitor principale nella leadership commerciale globale. Un’applicazione di dazi sulle importazioni di prodotti cinesi così imponente avrebbe un impatto determinante sull’economia Cinese, che potrebbe rispondere con le medesime misure adottate dagli USA, assumendosi, però, il rischio di danneggiare più la propria economia che quella dei suoi rivali a stelle e strisce. Come stimato, infatti, dal Peterson Institute, se la Cina dovesse rispondere ai dazi americani applicando le medesime percentuali sulle importazioni nel proprio Paese di prodotti americani, il danno in termini di riduzione del PIL sulla Cina sarebbe di circa 770 miliardi di dollari, contro i 397 miliardi di contrazione che subirebbero gli USA.
La Cina potrebbe anche scegliere di ricorrere a misure di ritorsione commerciale non tradizionali che avrebbero un potenziale maggiore impatto sugli Stati Uniti, come la svalutazione della propria valuta, il blocco delle forniture di minerali critici, la riduzione delle importazioni di prodotti statunitensi politicamente sensibili, il ban alla vendita di beni statunitensi, l'estensione di sconti fiscali agli esportatori locali e la riduzione dei tassi di interesse.
Ci sono, infatti, molti beni che gli Stati Uniti non hanno e che acquistano da altri Paesi. Per esempio: importano la maggior parte dei minerali critici di cui hanno bisogno, circa il 90% degli ingredienti farmaceutici attivi (API), con una percentuale vicina al 95% per i comuni farmaci da banco come l'ibuprofene; e durante la pandemia COVID-19, è emerso chiaramente che beni essenziali, come i ventilatori meccanici, da cui dipendevano molte vite, avevano ben 600 componenti provenienti da tutto il mondo. Nulla di tutto ciò potrebbe essere cambiato da un giorno all'altro, anche se fosse auspicabile. Potrebbe essere sostituito con produzione interna, si.
Ma quanto tempo richiederebbe?
In prospettiva, la Cina potrebbe anche spostare la sua strategia di importazione dagli Stati Uniti, riducendo la propria dipendenza e diversificando le fonti di fornitura: Nel 2023 le sue maggiori importazioni americane sono state la soia, i circuiti integrati e il greggio. Il Brasile, vari Paesi asiatici e l'Arabia Saudita sono importanti fornitori globali di queste materie prime e potrebbero potenzialmente espandere la loro quota di mercato nella Cina continentale (vedere immagine qui sotto).
Il grafico di Hartford Funds, inoltre, rappresenta senza troppi giri di parole l’equilibrio che si mantiene stabile dal 1975 tra il mercato USA e il resto del mondo (si, in questo caso non si stanno considerando solamente i mercati emergenti ma è comunque un ottimo spunto di riflessione per capire le dinamiche di mercato odierne).
Per interpretarlo al meglio, il grafico mostra i valori dei rendimenti (a 5 anni) dell’indice americano S&P500 meno i rendimenti dell’indice MSCI World ex USA. Quando la linea è superiore allo 0, significa che i rendimenti del mercato azionario americano è superiore rispetto a quello del resto del mondo e viceversa, quando l’area blu è inferiore allo 0 è il resto del mondo a performare meglio.
Attualmente ci troviamo in un ciclo di quasi 14 anni, il più lungo nel grafico, che suggerisce che il ciclo potrebbe essere prossimo ad una sua conclusione, anche se, ovviamente, non è scontato.
Nulla è scritto, i problemi ci sono
Tutte queste ipotesi supportano una tesi ma non la confermano. Concentrandoci sulla Cina, punta di diamante dei Paesi Emergenti (anche se suona ormai strano considerarla ancora tale), ha notevoli problemi interni, tra cui:
Elevati livelli di indebitamento
La Cina ha accumulato un alto livello di debito, sia nel settore pubblico che privato. Il rapporto debito/PIL complessivo supera il 350% (fonte Morgan Stanley). Il che significa sostanzialmente che:
Il debito delle imprese è particolarmente elevato, soprattutto nei settori industriali e statali e tutto ciò limita la capacità delle aziende di investire in nuove opportunità di crescita.
Il governo cinese ha fatto ricorso al credito per finanziare infrastrutture e stimoli economici, ma questo ha incrementato il rischio di insolvenza.
Sovrainvestimenti
La Cina ha investito massicciamente in infrastrutture e progetti industriali per alimentare la crescita economica. Questo però sta causando, per citarne un paio, problemi di:
Overcapacity: settori come l'acciaio, il cemento e l'alluminio producono più di quanto il mercato interno ed esterno possa assorbire, generando inefficienza economica.
Progetti non redditizi: molti investimenti sono stati destinati a progetti con basso rendimento economico, come città fantasma o infrastrutture sotto-utilizzate.
Bolla immobiliare ancora irrisolta
Il settore immobiliare rappresenta circa il 25-30% del PIL cinese, ma è caratterizzato da:
Prezzi delle abitazioni elevati rispetto ai redditi medi.
Una sovrabbondanza di alloggi vuoti, con milioni di appartamenti invenduti.
La crisi del gigante immobiliare Evergrande e di altre società ha messo in evidenza il rischio sistemico per l’economia cinese.
Una correzione del mercato immobiliare potrebbe deprimere ulteriormente la crescita economica e ridurre la ricchezza delle famiglie.
Consumi interni scarsi
I consumi rappresentano una percentuale relativamente bassa del PIL cinese (circa il 40%), inferiore rispetto a molte economie sviluppate e in via di sviluppo. Questo è causato, per esempio, da una bassa disponibilità di reddito per i consumatori, dovuta all’alto tasso di risparmio per motivi previdenziali e sanitari e da un sistema di welfare insufficiente che spinge le famiglie a risparmiare invece di spendere.
Questo indubbiamente genera una importante dipendenza ad una domanda estera, che rende l’economia vulnerabile ad eventuali shock globali o altre dinamiche.
Guerra commerciale e dazi
Come approfondito qualche riga sopra, le possibili iniziative commerciali di Paesi come gli USA, con l’applicazione di dazi alle importazioni, potrebbe minacciare l’economia cinese che, come detto, dipende molto dalla domanda estera per collocare la capacità produttiva in eccesso non assorbita nei propri confini.
Tutti questi problemi strutturali devono essere affrontati per uscire da un periodo di difficoltà. Da settembre 2024 il Governo Cinese ha avviato un pacchetto di stimoli per rallegrare la propria economia. Tuttavia, stimoli isolati potrebbero non essere sufficienti e potrebbe essere richiesto un intervento più strutturale attraverso riforme, transizione tecnologica, diversificazione economica e ristrutturazioni.
Quel che è certo è che il Governo Cinese tenterà di ristabilire fiducia nei propri consumatori, che negli ultimi 4 anni hanno visto crescere i propri risparmi di oltre 9.000 miliardi di dollari.
Grazie per aver letto questo approfondimento.
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Grazie Carlo... Articolo dettagliato e scritto in maniera comprensibile da tutti! Molto apprezzato!
Grazie
gianluca